Perché in estate aumentano i disturbi della vista?

C’è un fattore di rischio per gli occhi, e dunque anche per la vista, spesso sottovalutato: l’estate.  

Vento, acqua salata, cloro, polline, polveri sottili, superfici riflettenti di mare e montagna e, soprattutto, il sole possono aumentare le probabilità di sviluppare qualche disturbo oculare: in particolare alla retina, complice una azione più aggressiva da parte dei raggi ultravioletti. Per contrastare l’elevata dannosità ambientale, è fondamentale ricorrere ad una efficace, facile prevenzione: gli occhiali da sole. Invece gli italiani ne fanno scarso uso, comprese le fasce di popolazione più a rischio, quali bambini e anziani.

Proteggere gli occhi deve diventare una sana abitudine che inizia fin da bambini 
Invece solo nel 60 per cento dei casi, nella fascia più a rischio tra i 2 e i 6 anni, i piccoli indossano lenti scure

Trascurano gli occhi anche gli anziani, nei quali l’età favorisce invece la fotofobia: ovvero l’eccessiva sensibilità alla luce, che si cura con lenti fotocromatiche o che assicurano un’alta percentuale di sbarramento agli ultravioletti. Perché i rischi, in generale, sono di compromettere la buona funzionalità della retina e quella lacrimale ma anche di elevare il rischio di congiuntiviti, fino a favorire la predisposizione all’insorgenza della cataratta.
Sempre in estate un altro fattore di rischio per gli occhi è l’esposizione all’aria condizionata, con conseguente senso di fastidio e di presenza di “corpo estraneo” nell’occhio, disidratazione e possibili congiuntiviti.

Correre ai ripari è molto semplice: basta bere molto e mangiare tanta frutta e verdura per reidratare e fornire i nutrienti necessari, oltre all’uso di colliri lubrificanti, chiamati anche lacrime artificiali, che forniscono il giusto grado di lipidi e acqua  

Chi cerca un po’ di refrigerio in piscina dovrà fare attenzione al contatto dell’acqua con gli occhi. Il cloro è una sostanza chimica utilizzata per impedire la crescita e la proliferazione batterica in acqua. È una sostanza indispensabile per tenere le piscine pulite e disinfettate ma può causare disturbi sia alla pelle che agli occhi.

I disturbi possono essere di entità variabile, dal semplice fastidio oculare al bruciore, irritazione fino a congiuntiviti o cheratocongiuntiviti. In alcuni casi, questo dipende da una particolare sensibilità degli occhi maggiormente accentuata nei soggetti atopici, ma spesso può dipendere da una reazione oculare a particolari componenti chimiche che si accumulano nell’acqua quando non viene trattata nel modo giusto.

Terminato il bagno in piscina o la nuotata è molto importante fare una doccia con acqua dolce avendo cura di risciacquare bene il viso, gli occhi e le orecchie.

Se il disturbo è costante ti consigliamo di parlarne con il tuo oculista.

Quanta acqua bere per proteggere gli occhi? 

Gli esperti si raccomandano di bere almeno 1.5-2 litri di acqua al giorno, da aumentare in caso di sforzi fisici o elevata sudorazione. Importante è ricordarsi di assumerla durante tutto l’arco della giornata, senza attendere lo stimolo della sete. Chi fatica a bere acqua può integrarla con altre bevande sane e idratanti, preferibilmente non zuccherate, come acque detox e infusi. Durante la bella stagione estiva è inoltre importante seguire un’alimentazione fresca e leggera, privilegiando cibi idratanti e digeribili, per non affaticare l’organismo.

 

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Foille Sole e Cortidro: quali le principali differenze?

Foille Sole e Cortidro

I sintomi più diffusi in seguito alle prime giornate in spiaggia sono arrossamento, ipersensibilità al tatto, gonfiore, secchezza e prurito, tutte risposte della cute all’aggressione dei raggi ultravioletti del sole, nello specifico agli UVB. 

Foille Sole e Cortidro sono solo due dei rimedi utilizzati per ridurre questi fastidiosi sintomi: vediamo insieme le differenze! 

FOILLE SOLE

è un medicinale a base di benzocaina, capace di alleviare il dolore, il bruciore ed il prurito sulla pelle, alcol benzilico con azione disinfettante e capace di calmare il dolore, e cloro xilenolo con azione disinfettante. 

Foille Sole è indicato: 

  •  in caso di arrossamenti della pelle dovuti ad un’eccessiva e prolungata esposizione al sole (eritemi solari), piccole ustioni, irritazioni sulla pelle da vari agenti chimico-fisici, punture d’insetti; 
  •  nella medicazione di lesioni superficiali (escoriazioni e abrasioni) e ferite superficiali della pelle. 

 
Può essere utilizzato nei bambini? 

Foille Sole non deve essere usato nei bambini di età inferiore a 6 mesi. Nei bambini tra i 6 mesi e i 2 anni d’età, usi questo medicinale solo dopo aver consultato il medico (vedere “Avvertenze e precauzioni”). 

Foille sole è disponibile sottoforma di crema o spray 

Qual è la posologia? La dose raccomandata sia negli adulti che nei bambini è fino ad un massimo di 4 applicazioni al giorno. 

Qual è la modalità d’uso? Quando preferire lo spray alla crema? 

Applicare uno strato leggero ed uniforme di crema direttamente sulla lesione. In caso di piccole lesioni in seguito all’applicazione della crema, ricopra la lesione con garza sterile. Se utilizza una garza sterile non rimuova la medicazione prima di 48 ore, in modo da non interferire 

con la guarigione. È possibile non rimuovere la garza sterile anche per qualche giorno: in questo caso 

mantenga umida la medicazione applicando Foille Sole crema direttamente sulla garza sterile. 

In caso di lesioni più estese è preferibile utilizzare Foille Sole spray cutaneo. 

CORTIDRO 

Cortidro contiene il principio attivo idrocortisone, che appartiene ad un gruppo di medicinali chiamati corticosteroidi, utilizzati per ridurre l’infiammazione: è una crema utilizzata in adulti e bambini al di sopra dei due anni di età.

A cosa serve? 

È indicato in caso di punture di insetti, prurito, eritemi o ustioni non estese, infiammazioni della pelle (eczemi).

Come si presenta? 

Cortidro si presenta in forma di crema allo 0,5%, contenuta in un tubo in alluminio da 20 g

Come si utilizza? 

Una piccola quantità di crema sulla zona interessata, massaggiando leggermente per facilitarne l’assorbimento, due o tre volte al giorno; è consigliabile utilizzare Cortidro solo per brevi periodi di trattamento.

Serve la ricetta medica? 

No, sia Cortidro che Foille sole appartengono alla categoria degli OTC – medicinali non soggetti a prescrizione medica da banco

Quale sono quindi, le differenze tra Cortidro e Foille Sole? 

Come abbiamo visto entrambi hanno la stessa indicazione: eritemi solari, ustioni ma anche punture d’insetto ma con principi attivi differenti.  

Quando il prurito è intenso, è consigliabile utilizzare una crema a base di idrocortisone allo 0,5% come (per esempio, Cortidro, Foille insetti, Dermocortal, Sintotrat, Dermirit e Lenirit), una concentrazione più che sufficiente per risolvere il problema.  

La benzocaina, principio attivo del Foille Sole, viene utilizzata nei casi in cui si voglia indurre un’azione anestetica locale, al fine di conferire sollievo al paziente da sintomi quali dolore, bruciore e prurito di entità lieve.

 

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Benessere Mentale

Secondo l’OMS la salute è definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”.

Dunque la salute mentale riveste un ruolo fondamentale nel nostro benessere.

La stessa OMS infatti, definisce la salute mentale come una componente essenziale della salute in generale, delineata come “uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità».

 

I determinanti della salute mentale

I determinanti della salute mentale e dei disturbi mentali includono non solo attributi individuali quali la capacità di gestire i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri comportamenti e le relazioni con gli altri, ma anche fattori sociali, culturali, economici, politici ed ambientali, tra cui le politiche adottate a livello nazionale, la protezione sociale, lo standard di vita, le condizioni lavorative ed il supporto sociale offerto dalla comunità. L’esposizione alle avversità sin dalla tenera età , ad esempio, rappresenta un fattore di rischio per disturbi mentali.

La salute mentale dunque è influenzata in larga misura dal contesto (ambiente, situazione economica, ecc.), ma anche dalle caratteristiche personali (patrimonio genetico, ciò che ci è stato trasmesso dai genitori, il proprio vissuto, ecc.).

La complessa interazione tra questi diversi elementi conduce alla percezione che ciascuno ha del proprio stato di salute mentale.

Ricerca permanente di equilibrio

Salute mentale, sofferenza e malattia non sono condizioni fisse, ma stati che si modificano lungo l’arco della vita.

La salute mentale è una sfida costante che mira alla ricerca di un equilibrio tra i diversi fattori che la possono influenzare. Ogni nuova situazione di vita la può destabilizzare. Disporre di risorse e di un sostegno adeguato può contribuire a mantenere questo equilibrio.

Gruppi più a rischio

 

A seconda del contesto locale, alcuni individui e gruppi sociali sono molto più a rischio di altri: sono per esempio (ma non necessariamente) i membri delle famiglie che vivono in situazioni di povertà, le persone affette da malattie croniche, i neonati e i bambini abbandonati e maltrattati, gli adolescenti che fanno uso per la prima volta di sostanze psicoattive, le minoranze, le popolazioni indigene, le persone anziane, le vittime di discriminazioni e violazioni dei diritti umani, i prigionieri e le persone che vivono situazioni di conflitto, catastrofi naturali o altre emergenze umanitarie.

In molte società i disturbi mentali legati all’emarginazione, all’impoverimento, alle violenze e maltrattamenti domestici, all’eccessivo carico di lavoro e allo stress inducono crescente preoccupazione, soprattutto per la salute delle donne.

 

Conseguenze sulla salute

Le persone con disturbi mentali sperimentano tassi di disabilità e di mortalità notevolmente più elevati rispetto alla media. Per esempio persone con depressione maggiore e schizofrenia hanno una possibilità del 40-60% maggiore rispetto al resto della popolazione di morte prematura, a causa di problemi di salute fisica, che spesso non vengono affrontati (come cancro, malattie

cardiovascolari, diabete o infezione da HIV), e di suicidio. Esso è la seconda causa di mortalità nei giovani su scala mondiale. Spesso i disturbi mentali influiscono su altre malattie, quali ad esempio il cancro, le malattie cardiovascolari e l’infezione da HIV/AIDS, e sono a loro volta influenzate da queste; e pertanto necessitano di servizi comuni e un’attiva mobilitazione di risorse. Per esempio, è stato infatti dimostrato che la depressione può causare una predisposizione all’infarto del miocardio e al diabete; i quali a loro volta aumentano il rischio d’insorgenza di una depressione.

Si è constatato inoltre che spesso i disturbi mentali si accompagnano ai disturbi da uso di sostanze psicoattive. La depressione da sola rappresenta il 4,3% del carico globale di malattia ed è una delle principali cause di disabilità a livello mondiale, particolarmente nelle donne.

 

Salute mentale e Covid-19

La pandemia di COVID-19 ha avuto un forte impatto sulla salute mentale delle persone. Alcuni gruppi, tra cui operatori sanitari e altri lavoratori in prima linea, studenti, persone che vivono da sole, soggetti vulnerabili (tra i quali i detenuti e i migranti) e persone con disturbi di salute mentale preesistenti, sono stati particolarmente colpiti. In molti paesi, oltre all’effetto deleterio che le misure di contenimento del COVID-19 sembrano aver avuto sulla salute mentale della popolazione, la crisi ha aumentato alcuni tra i principali fattori di rischio per le malattie mentali quali disoccupazione, insicurezza finanziaria, povertà. In aggiunta a ciò, i servizi sanitari dedicati ai disturbi mentali, neurologici e all’uso di sostanze sono stati significativamente rallentati e in molti casi interrotti.

 

Come prendersi cura della propria salute mentale

Ecco i nostri consigli per migliorare la tua salute mentale:

· fare sport, meglio se all’aperto!

· imparare a riconoscere i propri punti di forza e rispettare i propri limiti

· coltivare i propri hobby

· Riposare a sufficienza durante la notte

· Seguire un’alimentazione sana ed equilibrata

· Ritagliarsi dei momenti per sè

· Imparare a gestire la rabbia

· Stare a contatto con gli altri coltivando rapporti sociali ed evitando l’isolamento

· Avere un atteggiamento positivo

· Ridurre l’esposizione all’uso nocivo dell’alcool

· evitare l’uso di sostanze psicoattive.

· in caso di eventi di vita avversi , seguire programmi di cura con personale specializzato

· Proteggere i bambini dagli abusi creando o rafforzando i sistemi e le reti territoriali di protezione dell’infanzia.

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L’intolleranza al lattosio, definita anche ipolattasia, si verifica in caso di mancanza parziale o totale della lattasi, ovvero l’enzima in grado di scindere il lattosio nei suoi due zuccheri semplici: glucosio e galattosio.  

È l’intolleranza enzimatica più comune ed è riconosciuta come intolleranza alimentare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

In Italia si ritiene che circa il 50% della popolazione sia intollerante al lattosio, anche se non tutti i pazienti manifestano sintomi.

ll lattosio è il principale zucchero del latte (ne rappresenta il 98%).

Lo ritroviamo nel latte di mucca, di capra, di asina, nel latte materno e non solo, oltre ad altri prodotti lattiero-caseari derivati. 

Quali sono i sintomi di una intolleranza al lattosio?

I sintomi più comuni coinvolgono il tratto gastro-intestinale.  

Insorgono da 1-2 ore a qualche giorno dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio.  

La sintomatologia dipende anche dal cibo associato, in quanto è legata alla velocità di svuotamento gastrico.

Se il lattosio viene ingerito insieme ai carboidrati (specialmente quelli semplici), che aumentano la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi sono più probabili o più intensi, mentre se viene ingerito insieme a grassi, che riducono la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere molto ridotti o addirittura assenti. 

Come sintomi specifici abbiamo dolori e crampi addominali, meteorismo, flatulenza, pesantezza di stomaco, senso di gonfiore gastrico, diarrea, stitichezza 

Come sintomi generici si potrà avere mal di testa, stanchezza, nausea, eruzioni cutanee, lesioni della mucosa orale, infiammazioni del tratto urinario, perdita di peso.  

Quali sono le forme di intolleranza al lattosio?

Esistono 3 forme di intolleranza al lattosio: genetica, acquisita e congenita. 

Forma Primaria definita anche genetica, è la più diffusa.

Si può manifestare nel bambino oppure tardivamente nell’adulto a causa di una riduzione progressiva della produzione di lattasi.  

Forma acquisita definita anche secondaria, è causata da altre patologie acute (come infiammazioni e infezioni dell’intestino) o croniche (tra cui celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile) oppure in conseguenza a disordini nutrizionali.  

Molto spesso è transitoria, risolvendosi alla guarigione della causa responsabile. 

Altri fattori scatenanti possono essere terapie antibiotiche, chemioterapiche o con radiazioni ionizzanti che, in conseguenza della loro tossicità o di un’azione di inibizione diretta dell’attività lattasica, determinano ipolattasia. 

Forma congenita definita Congenital Lactase Deficiency (CLD), è una condizione molto rara, di origine genetica a insorgenza precoce, si manifesta sin dalla nascita nei primi giorni di vita del neonato. 

Il neonato sviluppa diarrea non appena nutrito con latte materno o formulato, dovuto ad una totale assenza di lattasi che persiste per tutta la vita. 

Come si effettua la diagnosi? 

La diagnosi per intolleranza al lattosio si basa, oggi, su due principali metodiche riconosciute dalla comunità scientifica: H2-Breath Test e Test Genetico. 

La principale terapia consiste nell’esclusione o riduzione delle fonti di lattosio dalla dieta, per un periodo transitorio o permanente a seconda della forma di intolleranza. 

Si sente spesso parlare di integratori di lattasi, utili appunto per le persone che non riescono a digerire il lattosio, per concedersi uno strappo alla regola o quando non siamo sicuri di ciò che ci accingiamo a mangiare. 

Cosa sono gli integratori di lattasi? 

Possono contenere la lattasi sotto forma di beta-galattosidasi oppure lattasi ottenuta da batteri lattici, muffe e lieviti (ad esempio il più comune è Aspergyllus), quest’ultima è la più specifica. 

È possibile prendere più di una compressa insieme, alcune sono anche masticabili, ma leggere bene e attenersi alla posologia indicata sulla confezione e/o sul foglietto illustrativo.  

Generalmente l’enzima deve essere assunto tra 5 e 30 minuti prima del pasto contenente lattosio. 

Quanto dura l’effetto dell’enzima lattasi? 

La durata d’azione dell’enzima non è fissa, è soggettiva, dipende dal proprio tempo di svuotamento gastrico che a sua volta dipende da vari fattori come se il cibo è solido o liquido, dalla combinazione degli alimenti, dal tipo di alimento se ricco di grassi o di zuccheri o di carboidrati, dalla propria velocità di masticazione, dall’acidità di stomaco e dalla motilità intestinale ecc. 

In ogni caso l’azione non è lunga più di 1-2 ore circa dall’assunzione dell’alimento contenente lattosio. Generalmente l’azione massima si ha tra 15 e 60 minuti dal momento dell’assunzione (prestare attenzione ai nuovi integratori con effetto retard). 

Richiedono la ricetta medica? 

Si possono acquistare principalmente in farmacia ed in parafarmacia e non necessitano di prescrizione medica. 

 

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L’iperidrosi è una condizione in cui la produzione di sudore supera i normali livelli, comportando un disagio sia fisico che emotivo.

Può coinvolgere tutto il corpo o manifestarsi in modo localizzato a livello delle ascelle, dei palmi delle mani e della pianta dei piedi. 

Sudare è del tutto normale, soprattutto in certi periodi dell’anno. Quando però la sudorazione diventa abbondante e fastidiosa, siamo di fronte ad una problematica definita iperidrosi. 

Se la sudorazione eccessiva è localizzata in particolare nei piedi, la definizione corretta è quindi iperidrosi dei piedi. 

Cos’è l’Iperidrosi ai piedi?

L’eccessiva sudorazione ai piedi, oltre che fastidiosa, può portare anche altre problematiche come il cattivo odore, il piede d’atleta oppure funghi alle unghie dei piedi. 

Chi colpisce? 

Secondo uno studio effettuato dalla International Hyperidrosi Society, la condizione colpisce una buona parte della popolazione in tutto il mondo. Si stima infatti che la sudorazione eccessiva colpisca più del 5% della popolazione mondiale. 

L’iperidrosi ai piedi si manifesta principalmente in età adolescenziale o infantile; tuttavia non è raro che molti adulti si trovino in questa condizione. 

Affrontare il problema non è sempre facile: può capitare nel corso della giornata di dover  togliere le scarpe per diversi  motivi e presentarsi con un piede sudato o maleodorante è sicuramente motivo di imbarazzo. 

Quali sono le cause dell’iperidrosi piedi?  

Il fattore ereditario gioca sicuramente un ruolo fondamentale, ma non è da sottovalutare anche il fattore emotivo. 

Ma vediamo allora le cause della sudorazione eccessiva piedi: 

  • cause primarie di tipo idiopatico (ovvero non esattamente identificabili) 
  • sindromi genetiche, seppure molto raramente 
  • altre cause secondarie 

Come trattare l’Iperidrosi ai piedi?

Lavare bene i piedi sudati sembra scontato ma ha un doppio beneficio.

Infatti, non solo elimina odori e batteri nell’immediato, ma riesce anche ad aumentare l’idratazione della pelle permettendo la riduzione della sudorazione.  

Bisogna però usare alcuni accorgimenti per avere dei benefici ottimali: 

  • Utilizzare un detergente antimicotico oppure degli oli essenziali durante il lavaggio: origanum hirtum e tea tree oil sono due validi alleati che la natura ci offre. 

Ecco una piccola ricetta: due gocce di olio essenziale, un cucchiaio di sale marino o bicarbonato e uno di olio di mandorle.

Mescolare e e versare il composto ottenuto nell’acqua tiepida per ottenere così un pediluvio dall’effetto antisettico e rigenerante da ripetere almeno due volte alla settimana per un mese. 

  • Asciugare bene i piedi, soprattutto tra le dita: questo passaggio è fondamentale in quanto l’umidità residua vanifica gli effetti di qualsiasi terapia. 
  • Un ultimo accorgimento è utilizzare del deodorante traspirante: in questo modo ridurrai ancora di più la possibilità che i tuoi piedi siano soggetti ad un’eccessiva sudorazione. 

Infine se la situazione lo richiede è possibile fare uso di antimicotici a base di econazolo, tioconazolo e clotrimazolo, in crema o polvere aspersoria qualora l’iperidrosi comporti la comparsa di micosi dei piedi meglio conosciuta come piede d’atleta. 

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Spesso imbarazzanti situazioni come frequenti eruttazioni o flatulenza sono dovute a due fenomeni correlati: l’aerofagia e il meteorismo.  

Cosa si intende con il termine aerofagia? 

Aerofagia, letteralmente, significa “mangiare aria” e il termine da un’idea assolutamente realistica di uno dei principali meccanismi che portano a ritrovarsi con la pancia gonfia dopo i pasti o in vari momenti della giornata.  

Ma come si fa a mangiare l’aria? È un fenomeno che avviene naturalmente quando si apre la bocca, si parla, si mangia o si beve.

Non tutta l’aria che entra nel cavo orale però giunge alle vie aeree ma in parte viene deglutita e può “gonfiare” lo stomaco: in parte può essere emessa attraverso l’esofago, in parte può passare nell’intestino.

Se però l’aria ingerita è troppa (per eccessiva masticazione o uso molto frequente di bevande gassate) possono derivarne disturbi, a volte aggravati se, oltre a quella ingerita, è prodotta altra aria in eccesso nel corso della digestione a causa di altre condizioni come la dispepsia funzionale o la sindrome del colon irritabile.  

Quali sono i sintomi? 

Le manifestazioni meno evidenti dall’esterno, o comunque “mascherabili” senza troppa fatica, ma in ogni caso decisamente sgradevoli da sperimentare, consistono nella sensazione di eccessiva pienezza, fastidio e tensione addominali, spesso associate alla comparsa di pancia gonfia.

In aggiunta, il gonfiore a livello dello stomaco può interferire con il battito cardiaco, dando luogo a tachicardia. 

Ancora più difficili da tollerare sono i sintomi legati all’espulsione più o meno improvvisa, repentina e “controllabile” dell’aria contenuta in stomaco e intestino: eruttazioni, turbolenze intestinali, meteorismo, flatulenza.

Altri sintomi associati possono essere irregolarità intestinali (diarrea o stitichezza), dolori e spasmi addominali, mancanza di appetito, sonnolenza e mal di testa dopo aver mangiato. 

Quali sono le cause dell’aerofagia?

Sicuramente una masticazione veloce e/o un abuso di bevande gassate possono essere la principale causa di aerofagia.

Tuttavia, i sintomi gastrointestinali possono dipendere da malattie più serie come malattia da reflusso gastroesofageo, ernia iatale, ulcera peptica, sindrome del colon irritabile, malattie infiammatorie intestinali croniche (come colite ulcerosa e malattia di Crohn).

Da non sottovalutare, infine, le cause psicologiche di aerofagia e meteorismo, condizioni di ansia e stress, in grado di influire negativamente sia sulla masticazione sia sulla digestione. 

Rimedi contro l’aerofagia 

Esistono diversi rimedi naturali in grado di ridurre il gonfiore addominale.

Il più importante è il carbone vegetale, prodotto a partire da legni naturali selezionati e sottoposti a un particolare processo di combustione.

Il carbone vegetale attenua il gonfiore addominale “sequestrando” i gas intestinali per assorbimento sulla sua superficie ed è generalmente ben tollerato.

Per ottenere i benefici attesi, va assunto con regolarità, lontano dai pasti. 

Di grande aiuto sono anche tisane con estratti di piante carminative che agiscono favorendo l’eliminazione di aria, la digestione e aiutano a prevenire il gonfiore addominale: tisane al finocchio, alla melissa, all’anice, alla menta o un tè leggero con un po’ di limone.  

L’assunzione regolare di bevande probiotiche e periodica di fermenti lattici concentrati può aiutare a migliorare la composizione e la funzionalità della flora batterica intestinale, ottimizzando la fermentazione delle sostanze nutrienti che arrivano nell’intestino e riducendo la produzione di gas indesiderati.  

E come farmaci? 

Tutti conosciamo e abbiamo utilizzato almeno una volta nella vita farmaci come Mylicon gas , Geffer, prolife zero gas.

Rientrano tutti nella categoria dei procinetici, contenenti dimeticone o simeticone che esercitano un’azione procinetica, stimolando la motilità del tubo digerente e un’azione “antischiuma”, scomponendo le bolle di gas che causano la sensazione di pancia gonfia tipica dell’aerofagia, facilitandone il riassorbimento e l’espulsione.

Così facendo, viene ridotto l’ingombro dovuto ai gas e, quindi, il gonfiore e i disagi che lo accompagnano. 

Altri rimedi anti-aerofagia sono di tipo comportamentale e riguardano le modalità di assunzione di cibi e bevande, masticazione e deglutizione.

In particolare, è fondamentale: 

  • mangiare in un ambiente rilassato e senza fretta, tenendo lontani i pensieri che possono generare ansia e stress
  • masticare lentamente, con cura, a bocca chiusa
  • bere con calma, a piccoli sorsi
  • non parlare mentre si beve o mangia
  • non introdurre in bocca un nuovo boccone finché non è stato deglutito il precedente
  • mangiare da seduti, in una posizione comoda, ma mantenendo la schiena diritta, per favorire la discesa dei cibi nello stomaco
  • fare una passeggiata dopo ogni pasto.

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I disturbi alimentari (DCA) sono un insieme di patologie caratterizzate da alterazioni nelle abitudini alimentari con particolare preoccupazione per il proprio peso corporeo e per le proprie forme.  

Generalmente sono disturbi che insorgono in adolescenza con alcuni tratti caratteristici: 

  • Riduzione dell’introito di alimenti 
  • Digiuno 
  • Crisi bulimiche 
  • Vomito autoindotto 
  • Utilizzo di anoressizzanti, lassativi, diuretici 
  • Aumento dell’attività fisica allo scopo di ridurre il peso 

I principali disturbi alimentari sono determinati da: 

  1. anoressia nervosa
  2. bulimia nervosa
  3. disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).  

Sono tutti caratterizzati da un rapporto patologico con l’alimentazione e con il proprio corpo.

Il paziente che ne soffre manifesta principalmente paura di ingrassare ed un cattivo rapporto con il cibo che si manifesta spesso con ansia nei confronti degli alimenti e della loro assunzione. 

Soltanto una piccola percentuale delle persone affette chiede aiuto e riconosce il disturbo.

Generalmente, infatti, sono i familiari che si accorgono del problema, allarmati dall’eccessiva perdita di peso.

Ma spesso la persona direttamente interessata tende a negare e a ribadire di non avere nessun problema.

In altri casi invece la persona, seppur consapevole, tende a vergognarsi e a non parlarne con nessuno se non dopo molti anni.  

Una delle caratteristiche predominanti nella persona affetta dal disturbo alimentare è l’alterazione dell’immagine corporea.

Spesso chi soffre di anoressia non riesce a valutare il proprio corpo in modo oggettivo ma tende a vedersi con i fianchi troppo larghi, con le gambe troppo grosse, con la pancia troppo grande o in generale sovrappeso: questo capita soprattutto nel sesso femminile.

Tra gli uomini invece, il disturbo si manifesta con preoccupazioni rivolte ad un corpo percepito come poco muscoloso.  

Scopriamoli più in dettaglio. 

Cos’è l’anoressia nervosa? 

L’anoressia nervosa è il più conosciuto tra i disturbi del comportamento alimentare.

È  un disturbo caratterizzato da intensa paura di ingrassare e alterata relazione con il proprio corpo, determinando nei pazienti gravi restrizioni alimentari. 

Il pensiero è focalizzato costantemente sul cibo e sulle preoccupazioni per il proprio corpo. 

L’eccessiva magrezza, causata da diete sempre più rigide, porta a seri problemi di salute che possono essere anche fatali a causa della malnutrizione e del vomito autoindotto.  

Cos’è la bulimia nervosa? 

La bulimia nervosa, il cui termine significa “fame da bue”, fa parte dei disturbi del comportamento alimentare e che si caratterizza per la presenza di abbuffate seguite da vomito o altri comportamenti di compenso. 

L’abbuffata, nella bulimia, è seguita dal bisogno immediato di svuotare lo stomaco attraverso il vomito auto provocato.

Il vomito viene utilizzato sia per ridurre la sensazione di dolorosa pienezza dell’addome che per limitare l’eccesso calorico. 

Non solo il vomito, ma anche altri comportamenti vengono utilizzati per ridurre l’introito calorico: 

  • uso inappropriato di lassativi 
  • digiuno prolungato dopo le abbuffate 
  • esercizio fisico eccessivo 

 È possibile inoltre osservare anoressia e bulimia nella stessa paziente e in periodi differenti.  

Binge eating disorder: cos’è?

Il binge eating disorder (BED), in italiano tradotto con disturbo da alimentazione incontrollata, è stato solo recentemente inserito fra i disturbi del comportamento alimentare.

Come per la bulimia nervosa, il BED si caratterizza per la presenza di abbuffate che però non sono seguite da comportamenti compensatori (ad es. il vomito).

Il BED determina, di norma, un notevole aumento di peso. Tale disturbo porta spesso a obesità grave con conseguenti complicazioni. 

Chi soffre di binge eating disorder spesso ha una lunga storia di numerose diete fallite.

Questi continui fallimenti sono dovuti al fatto di non aver mai riconosciuto il disturbo psicologico che è alla base del disturbo del comportamento alimentare e della susseguente obesità. 

In conclusione dunque, il disturbo alimentare può essere associato anche ad altre patologie psichiatriche come la depressione, disturbi d’ansia diffusi, abuso di alcool o sostanze o altri disturbi di personalità.  

Si possono manifestare in aggiunta comportamenti autolesionisti o tentativi di suicidio. 

Si tratta perciò di disturbi non soltanto invalidanti ma anche potenzialmente mortali che non vanno sottovalutati.

Pertanto il trattamento deve includere necessariamente un approccio multidisciplinare che coinvolge diversi specialisti: 

  • psichiatri e psicoterapeuti 
  • dietisti e nutrizionisti 
  • endocrinologi 
  • gastroenterologi  
  • medici internisti 

 

L’obiettivo del trattamento sarà quello di aiutare il paziente a recuperare sane abitudini alimentari, ridurre le crisi alimentari, intervenire sui pensieri negativi, trattare e risolvere eventuali patologie associate, ridurre le possibili ricadute nel tempo. 

Tuttavia, il primo passo resta il riconoscimento del disturbo da parte del paziente 

Se temi di essere affetto da un disturbo alimentare non esitare a chiedere aiuto. 

La pillola contraccettiva è un farmaco utilizzato da circa il 20% delle donne principalmente al fine di prevenire un’eventuale gravidanza.

Ci sono diverse formulazioni e diversi nomi ma ne esistono due tipi a base di ormoni sintetici:

  • una detta combinata, in quanto contenente sia estrogeni che progesterone
  • l’altra chiamata minipillola, che contiene solo progesterone.

La prima, grazie alla componente estrogenica, impedisce lo sviluppo del follicolo ovarico, mentre la componente progestinica impedisce il rilascio della cellula uovo nelle tube di Falloppio.

Così addensa il muco della cervice uterina creando un ambiente viscoso che impedisce la motilità degli spermatozoi, come nel caso della minipillola. 

In funzione dello scopo per cui viene prescritta, le interazioni tra farmaci e pillola contraccettiva rappresentano un motivo di preoccupazione per tutte quelle donne che assumono regolarmente la pillola e si trovano a dover assumere altri farmaci.

In particolare, con l’arrivo della bella stagione, è l’antistaminico a suscitare dubbi e paure. 

Come si verificano le interazioni tra farmaci?

In generale possiamo dire che le interazioni farmacologiche sono modificazioni dell’effetto del farmaco dovute all’uso contemporaneo di un altro medicinale, all’assunzione di cibo o di integratori, determinando un aumento o una riduzione dell’azione terapeutica.

Si parlerà di interazioni farmacodinamiche, quando un principio attivo modifica la risposta dei tessuti nei confronti dell’altro, o perché esercita lo stesso effetto o perché ne blocca l’effetto.

Si parlerà di interazioni farmacocinetiche, quando un farmaco altera l’assorbimento, la distribuzione, il legame alle proteine, il metabolismo di un altro.

Questo genere di interazione altera l’entità e la durata e non il tipo d’effetto. 

Fortunatamente questo fenomeno è spesso previsto grazie alla continua attività di ricerca effettuata dalle case farmaceutiche produttrici e dall’attività di monitoraggio da parte dell’istituto di farmacovigilanza, per cui tutti gli effetti indesiderati correlati sono stati schedati e riportati sul bugiardino di ogni singolo farmaco. 

Posso assumere pillola contraccettiva e antistaminico insieme? 

Nello specifico gli antistaminici di nuova generazione, ossia quelli che bloccano in modo selettivo solo i recettori H2 riducendo l’insorgenza di sonnolenza, non interagiscono con la pillola anticoncezionale.

In quanto entrambi non hanno gli stessi recettori come target della loro azione terapeutica né influenzano reciprocamente il percorso che effettuano all’interno dell’organismo. 

Di contro, invece, resta in dubbio la possibilità di utilizzo di farmaci antistaminici di vecchia generazione perché sono stati registrati casi di gravidanze indesiderate per le quali non esistono studi che ne stabiliscano la relazione causa-effetto. 

Di solito i farmaci che tendono ad interferire con i contraccettivi orali sono alcuni tipi di antibiotici, che ne riducono l’efficacia contraccettiva, l’utilizzo di particolari antidepressivi invece, determinano l’aumento dell’azione della pillola, in particolar modo aumentano anche gli effetti collaterali come la ritenzione idrica.

Risulta essere importante avvisare il medico che si sta assumendo la pillola in caso di prescrizione di un cortisonico, infatti l’assunzione contemporanea del contraccettivo può incrementare l’effetto del betametasone oppure prolungare l’emivita di idrocortisone e desametasone. 

Importante anche non trascurare di informare il medico o il farmacista in caso di prescrizione o consiglio di integratori a base di iperico, fitoterapico consigliato per trattare i disturbi della depressione lieve poiché in base al dosaggio può ridurre la copertura contraccettiva. 

Vale la regola anche di limitare l’uso del pompelmo: contiene un principio attivo che può alterare il metabolismo epatico di molti medicinali, tra cui la pillola. 

Il nostro consiglio? 

In caso di dubbio parlare sempre con il proprio ginecologo o farmacista di fiducia al fine di mantenere la giusta aderenza al piano terapeutico. 

La secchezza nasale è un disturbo che colpisce molte persone è può essere determinato da diverse condizioni.

Può causare disturbi nella respirazione, alterazioni dell’olfatto, formazione di croste, prurito e sanguinamento.

Tendenzialmente, in assenza di altre patologie, si manifesta con l’avanzare dell’età a causa dell’atrofia delle strutture che secernono muco che può determinare rinite atrofica. 

Perché la secchezza nasale causa problemi?

Il muco svolge prevalentemente due azioni chiave per la nostra salute: 

  1. intrappola tutte le sostanze nocive che inaliamo, come virus, batteri, polveri e pollini
  2. mantiene umida la mucosa

Le mucose nasali producono all’incirca 300ml di muco al giorno.

Una volta imprigionati gli agenti patogeni, questi vengono allontanati dalle cosiddette cellule ciliate che si muovono progressivamente pulendo le cavità nasali.  

Quali fattori possono determinare secchezza nasale? 

La causa della secchezza può dunque essere determinata da diverse condizioni come: 

  • infezioni localizzate 
  • malattie sistemiche 
  • come effetto collaterale di alcuni farmaci, ad esempio i decongestionanti nasali e gli antistaminici 
  • un clima molto secco 
  • il contatto con agenti irritanti come il fumo, la polvere o i pollini. 

Come trattare la secchezza nasale?

Innanzitutto la prima cosa da fare è garantire una corretta reidratazione della mucosa con specifici lavaggi, eseguiti con apposite preparazioni a base di soluzioni saline isotoniche, acido ialuronico o con della semplice soluzione fisiologica.  

È importante ripetere i lavaggi quotidianamente per favorire una corretta igiene delle mucose e allontanare eventuali patogeni come virus e batteri.

È inoltre fondamentale una corretta areazione degli ambienti se si ipotizza una causa ambientale e la riduzione del contatto con sostanze irritanti come il fumo o polvere.  

Spesso può trattarsi anche di un disturbo legato all’attività lavorativa in seguito all’inalazione di sostanze irritanti; sono infatti numerosi gli ambienti lavorativi dove compare questo rischio: falegnameria, industria metallurgica, cantieri edili, industrie chimiche, industrie di produzione di carta e stampanti, agricoltura ecc.

In questi casi è fondamentale l’utilizzo di mascherine protettive delle vie aeree.

Può essere utile l’utilizzo di umidificatori? 

In casa invece, può tornare utile l’utilizzo di umidificatori che regolino adeguatamente l’umidità dell’aria e il ricorso a suffumigi effettuati semplicemente facendo bollire una pentola di acqua e successivamente posizionandosi col capo su di essa, coperti con un asciugamano e respirando i vapori.

Nell’acqua possono essere aggiunte anche specifiche preparazioni di oli essenziali. 

In ultimo, nei casi più critici, complicati da croste o sanguinamento, sono utili speciali preparazioni in gel con proprietà idratanti e lenitive che puoi richiedere al tuo farmacista, da apporre direttamente nella mucosa nasale e lasciar assorbire lentamente, più volte al giorno. 

Cosa fare in caso di allergia? 

Se invece soffriamo di allergia, riniti o naso chiuso e stiamo assumendo farmaci antistaminici o decongestionanti nasali, è bene non farne abuso e seguire la posologia indicata nel foglietto illustrativo o consigliata dal tuo farmacista. 

Infine, se alla secchezza nasale si associano altri sintomi, come febbre alta, difficoltà respiratorie, aritmie cardiache, è opportuno consultare il tuo medico. 

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In caso di rinite allergica, quando preferire un decongestionante ad un antistaminico?

Quando invece un antistaminico naturale? 

Il termine rinite si riferisce ad un’infiammazione nasale che interessa la membrana mucosa che riveste l’interno del naso.

Questa condizione si verifica quando il sistema immunitario si sensibilizza a una sostanza innocua, nota come allergene, e vi reagisce con una risposta eccessiva. 

I sintomi tipici della rinite allergica sono la rinorrea (volgarmente definita “naso che cola”), la congestione nasale, la perdita del senso dell’olfatto e la diminuzione del senso del gusto, il prurito nasale, il mal di testa e gli starnuti.

Le opzioni terapeutiche topiche per alleviare questi sintomi includono antistaminici, corticosteroidi, decongestionanti nasali e lavaggi nasali. 

Scopriamo insieme qualche rimedio!

RINAZINA ANTIALLERGICA 

Rinazina Antiallergica è uno spray nasale antistaminico: il suo principio attivo, Azelastina cloridrato, tratta i sintomi della rinite allergica, come prurito nasale, starnuti causati da pollini, pelo di animali e acari della polvere. 

L’azelastina è una molecola, appartenente alla famiglia degli antiallergici, che agisce a più livelli: 

  • Inibisce l’effetto dei principali mediatori dell’infiammazione causata dall’allergia, soprattutto antagonizzando l’azione dell’istamina (effetto antistaminico) 
  • Riduce l’attività dei mastociti, le principali cellule immunitarie implicate nelle reazioni allergiche (liberano istamina) 
  • Riduce l’iperattività bronchiale associata all’infiammazione. 

Queste caratteristiche conferiscono a Rinazina Antiallergica un effetto antiallergico. 

Come si utilizza? 

La dose raccomandata è uno spruzzo dosato in ogni narice 1 o 2 volte al giorno. Non utilizzare per periodi superiori ai 7 giorni. 

Chi lo può utilizzare? 

Rinazina Antiallergica spray nasale può essere utilizzato da adulti e adolescenti di età pari o superiore a 6 anni per alleviare i sintomi della rinite allergica. 

FEXALLEGRA 

Fexallegra nasale è un medicinale utilizzato per il trattamento della rinite allergica che agisce in maniera mirata e veloce sui sintomi nasali. Ha una doppia azione antistaminica e decongestionante, grazie ai suoi due principi attivi:

  • la clorfeniramina, sostanza con azione antistaminica, che riduce il prurito nasale, gli starnuti e la rinorrea (naso che cola)
  • la tramazolina che agisce invece come decongestionante nasale

Questo antistaminico, sotto forma di spray nasale, rientra tra i rimedi per l’allergia stagionale tipicamente rappresentata da allergie ai pollini o per le allergie non primaverili causate da allergeni presenti tutto l’anno, come acari della polvere, muffe, forfora di peli di animali.

Come si utilizza? 

Con 1-2 spruzzi, per narice, 2-3 volte al giorno, Fexallegra nasale, grazie all’effetto vasocostrittore  e decongestione della mucosa, dà una piacevole sensazione di naso libero dopo cinque minuti. 

Chi lo può utilizzare?  

Adulti e adolescenti oltre i 12 anni di età.

Quando è necessario l’utilizzo di antistaminici naturali? 

I decongestionanti nasali possono essere utilizzati solo per breve tempo, comunque non oltre una settimana in quanto l’uso prolungato potrebbe causare il peggioramento dei sintomi che si vogliono alleviare.

Gli antistaminici purtroppo hanno lo svantaggio di indurre sonnolenza e di conseguenza non sempre possono essere assunti liberamente.

Ecco che in questo caso può risultare utile l’utilizzo di un antistaminico “naturale”.

FITOALLERGY SPRAY NASALE 

Il fitoallergy spray nasale ha un’attività antistaminica e antinfiammatoria: è indicato in caso di rinite allergica in fase acuta, migliora i sintomi dell’allergia come naso chiuso, prurito, difficoltà a respirare, naso che brucia. 

Qual è la composizione?

Acqua di mare, VEGETALIALO® (Acido Ialuronico di origine vegetale), bicarbonato di sodio, estratto glicerico di Perilla, estratto glicerico di The rosso, estratto glicerico di Drosera, estratto glicerico di Adhatoda 

Come agisce?

Acqua di mare con attività decongestionante, Drosera ad azione a livello bronchiale come spasmolitico, antibatterico e antiinfiammatorio, la Perilla in grado di inibire il rilascio di istamina, senza produrre gli effetti collaterali tipici degli antistaminici di sintesi come la sonnolenza e la scarsa capacità di concentrazione.

Risulta quindi utile per le naturali difese dell’organismo. 

Come utilizzarlo?

Uno-due puff per ogni narice: l’applicazione può essere ripetuta per 4-5 volte nell’arco della giornata.

È adatto anche ai bambini sopra i 3 anni e sotto i 40 kg.

Rinazina, Fexallegra e Fitoallergy: quali sono le differenze?

La scelta del rimedio per trattare la Rinite Allergica dipende sicuramente dalla gravità dei sintomi: farmaci antistaminici e decongestionanti per sintomi severi e rimedi naturali per sintomi di lieve entità!

Fexallegra spray nasale, avendo come principio attivo oltre che l’antistaminico anche un decongestionante, è consigliato a partire dai 12 anni e solo per brevi periodi di tempo.

Non è consigliato nei soggetti ipertesi, per chi soffre di glaucoma e fragilità capillare.

Rinazina Antiallergica spray nasale, ha come principio attivo solo l’antistaminico e può essere utilizzato a partire dai 6 anni.  

Gli spray nasali “naturali” come il Fitoallergy spray nasale, oltre che essere indicati a partire dai 3 anni, sono eccezionali non solo nel trattamento della Rinite Allergica, ma anche nella  prevenzione delle allergie dovute ad acari e pollini in quanto riescono a mantenere le mucose nasali pulite da eventuali allergeni e sempre correttamente idratate.  

Il paziente inoltre può trarre beneficio anche dall’uso di “lavaggi nasali” che riducono il contatto della mucosa nasale con l’allergene e portano sollievo alla mucosa irritata.

 

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