A chi non è capitato almeno una volta di trovarsi a fine giornata con la sensazione di avere gambe pesanti e caviglie pesanti? 

Si parla di Insufficienza Venosa quando si manifestano sintomi come gambe pesanti, formicolii e affaticamento, caviglie gonfie con sempre più evidenti reticoli di capillari superficiali dilatati (teleangectasie), fino a comparire, nei casi più gravi, varici di alcuni tratti delle vene con aspetto nodoso e tortuoso.  

Le ragioni di tale condizione provengono, innanzitutto, da uno stile di vita scorretto e da una dieta alimentare poco equilibrata, complice anche la sedentarietà. 

Alimentazione e Insufficienza Venosa: quale connessione?

Uno stile di vita sano e un’alimentazione ricca di fibre e povera di cibi raffinati può aiutare a contrastare l’Insufficienza Venosa.

Da non trascurare l’attività fisica, evitando così lo stazionamento per lungo tempo e la sedentarietà.

Ad esempio, anche se per motivi di lavoro sei particolarmente sedentario, alzati ogni ora per fare 2 passi, così riattiverai la circolazione; se invece stai tanto tempo in piedi, alzati ogni tanto sulle punte per tenere viva la circolazione.
Particolarmente importanti risultano la camminata, la pedalata in bicicletta, il jogging e il nuoto utili per la contrazione dei muscoli del polpaccio che spinge il sangue accumulato in circolo; 

Può essere importante l’assunzione di determinati alimenti per contrastare l’Insufficienza Venosa?

Tra gli alimenti particolarmente indicati per aumentare l’integrità delle pareti venose spiccano senza dubbio i piccoli frutti estivi ricchi di flavonoidi come ciliegie, frutti di bosco, mirtilli neri, more, ribes.

Ricchissimi di antocianidine, bioflavonoidi in grado di aumentare la resistenza dei piccoli vasi, contrastare la permeabilità capillare e ridurre le infiammazioni a carico del tessuto connettivo. 

Da evitare salumi ed incassati, cibi preconfezionati e formaggi.

Attenzione anche ad alcolici e bevande zuccherini, preferire bevande drenanti senza zuccheri aggiunti. 

Non dimenticare di bere acqua, almeno 8 bicchieri al giorno. Ciò contribuisce alla regolazione della temperatura corporea, favorisce la digestione e rimuove le scorie metaboliche.

Altri cibi molto ricchi di flavonoidi sono i chicchi integrali di grano saraceno e orzo, gli asparagi, la scorza degli agrumi, il vino rosso, la menta piperita: in essi, la rutina e la quercetina svolgono un ruolo importante nel rafforzamento delle pareti dei vasi, riducendo sintomi da sanguinamento e gonfiori agli arti inferiori. 

Integratori per contrastare l’Insufficienza Venosa: funzionano davvero?

Gli integratori venotonici per gambe gonfie e pesanti sono formulati con sostanze che, in combinazione, supportano la sintesi del collagene, per la salute ed il tono dei tessuti connettivi, e sono importanti nel sistema preventivo di patologie legate a processi infiammatori e rottura dei vasi sanguigni.

Nello specifico, le sostanze fondamentali sono: 

  • Vitamina C 
  • Lisina, prolina e glicina 
  • Glucosammina e Condroitin Solfati 
  • Polifenoli 

I polifenoli, in particolare alcuni bioflavonoidi e proantocianidine oligomeriche (OPC), contenute nei semi di vite rossa, ippocastano e mirtillo, sono estremamente efficaci sul sistema cardiovascolare, in particolare a livello di vasi sanguigni, dunque vene e capillari.

Oltre a migliorare l’azione della vitamina C per la sintesi del collagene, la loro efficacia si estende a livello di fenomeni infiammatori, in particolare per quanto riguarda gli arti inferiori, della salute delle pareti delle vene, e dei ristagni negli interstizi dei tessuti, spesso causa del fastidioso gonfiore e pesantezza delle gambe. 

Tra le sostanze più diffuse tra i polifenoli impiegati negli integratori per la circolazione delle gambe vi sono: 

  • Vite Rossa 
  • Centella 
  • Ippocastano 
  • Diosmina 
  • Troxerutina 
  • Esperidina 
  • Mirtillo 

 

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La fibromialgia è una patologia ormai sempre più diffusa ma ancora poco conosciuta che colpisce circa 2 milioni di italiani: viene definita “sindrome” proprio perché caratterizzata da un insieme di segni e sintomi caratteristici che interessano principalmente i muscoli e le loro inserzioni sulle ossa.  

Da un punto di vista epidemiologico colpisce più spesso le donne in età adulta e il disturbo può comparire in modo graduale e aggravarsi nel tempo. 

Quali sono le cause della Fibromialgia?

Ad oggi le cause sono ancora sconosciute, ma si ritiene che un insieme di fattori possano concorrere alla comparsa dei sintomi, tra cui fattori genetici, infettivi, ormonali, traumi fisici e psicologici. 

Quali sono i sintomi?

Il dolore fibromialgico è caratterizzata da diffusi dolori muscolo-scheletrici, affaticamento, rigidità, problemi di insonnia e alterazioni dell’umore. 

Tuttavia, a causa della presenza di questi sintomi anche in altre patologie, è ancora di difficile diagnosi.

Inoltre non si riscontrano alterazioni nella analisi di laboratorio e non esistono test radiologici che possano diagnosticarla per cui, spesso, i sintomi possono essere considerati immaginari o non importanti.  

Fortunatamente, negli ultimi 10 anni, la fibromialgia è stata meglio definita attraverso studi che hanno stabilito specifiche linee guida per la diagnosi.

Tali studi hanno dimostrato che determinati sintomi, come dolore muscolo-scheletrico diffuso e presenza di specifiche aree algogene, sono presenti esclusivamente nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica.

Pertanto la diagnosi di sindrome fibromialgica è basata unicamente sulla presenza di dolore diffuso in combinazione con la presenza di cosiddetti “tender points” (punti dolenti) evocabili alla digitopressione. 

Il dolore è sicuramente il sintomo predominante della fibromialgia che generalmente, si manifesta in tutto il corpo, sebbene possa iniziare in una sede localizzata, come il rachide cervicale e le spalle, e successivamente diffondersi in altre sedi col passar del tempo.  

Qual è il trattamento per la Fibromialgia?

Le opzioni terapeutiche per la fibromialgia sono molteplici e comprendono: 

  • Farmaci che diminuiscono il dolore e migliorano la qualità del sonno
  • Programmi di esercizi di stretching muscolare
  • Tecniche di rilassamento ed altre metodiche per ridurre la tensione muscolare
  • Modificazioni delle abitudini di vita che potrebbero determinare e/o perpetuare la sintomatologia fibromialgica
  • Supporto psicologico 
  • Terapia farmacologica 

Tra i farmaci che possono essere prescritti sono inclusi analgesici, antidepressivi e antiepilettici, con risultati variabili tra i vari pazienti. 

Per ottenere risultati migliori ad oggi è consigliato un approccio multifattoriale.  

 

PAROLA CHIAVE: CONSAPEVOLEZZA 

Spesso i pazienti affetti da fibromialgia si sottopongono a molti test e numerose visite in cerca di una risposta al loro malessere ma spesso con scarsi risultati, proprio perché non c’è alcun riscontro nelle analisi di laboratorio.

Questo porta a paura e frustrazione, che può solo aumentare la percezione del dolore.  

I familiari, gli amici e spesso anche il medico di famiglia possono infatti dubitare dell’esistenza di tali disturbi, aumentando l’isolamento, i sensi di colpa e la rabbia nei pazienti. 

Pertanto la consapevolezza che questa malattia esista e la conoscenza dei meccanismi che la inducono, può aiutare il paziente ad affrontare lo stato doloroso e gli eventuali cambiamenti dello stile di vita richiesti in nodo più appropriato. 

Il supporto psicologico è molto importante: può servire a superare la depressione che, molto spesso, subentra nelle fasi più acute e a migliorare i rapporti sociali. 

I familiari o le persone vicine al malato non devono sottovalutare lo stato di prostrazione sia fisico che psichico del paziente. 

La fibromialgia esiste, anche se poco conosciuta; quindi un atteggiamento comprensivo nei loro confronti può essere un’importante forma di aiuto. 

 

Il termine Cefalea indica il mal di testa comune che, secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce circa il 52% della popolazione mondiale, ossia una persona su due, con un picco di registrazione di casi con l’arrivo della primavera.  

Non è un caso che il primo giorno di primavera, il 21 Marzo,  è la giornata mondiale delle cefalee!  

Cefalea: perché in primavera è più frequente?

Le motivazioni sono da attribuire proprio alle caratteristiche di questa stagione: le giornate che si allungano, le escursioni termiche, la presenza di vento e l’aumento dei pollini nell’aria. 

Il ripristino dell’ora legale con un repentino aumento delle ore di luce determina un calo nella produzione di melatonina, ormone che viene prodotto in assenza di luce dalla ghiandola pineale e responsabile del ritmo sonno-veglia, con conseguenti disturbi del sonno. L’insonnia, con un effetto domino a cascata, determina la riattivazione del metabolismo, dunque maggior lavoro per il fegato e quindi maggior produzione di scorie che determinano stanchezza e mal di testa. 

I cambiamenti climatici, con frequenti sbalzi di temperatura hanno il loro ruolo nell’insorgenza del mal di testa, poiché influenzano lo stato di vasocostrizione e vasodilatazione dei vasi cerebrali, in particolare il tepore primaverile determina una vasodilatazione a livello delle arterie durali della meninge.

Il maggior afflusso di sangue in questi distretti determina l’attivazione di alcuni recettori del dolore localizzati nella zona esterna ai vasi, con conseguente contrazione dei muscoli cranici e insorgenza di cefalea.

Anche i tanto temuti “colpi di vento” possono provocare mal di testa da freddo andando a stimolare il nervo del trigemino che manda un impulso nervoso al cervello inducendo una vasodilatazione per contrastare la sensazione percepita e provocando comunque il disturbo. 

Recenti studi hanno dimostrato esistere anche una comorbidità tra cefalea e allergia ai pollini.

Gli allergeni inalati inducono un fenomeno irritativo che genera l’infiammazione dei seni respiratori, presenti sulle suture fra le ossa del cranio.

Questa condizione chiamata comunemente congestione provoca una compressione a livello del nervo del trigemino con comparsa del mal di testa. 

Come prevenire e trattare la cefalea primaverile?

Il modo più efficace per prevenire il mal di testa primaverile è sicuramente quello di mantenere una buona regolarità nelle attività quotidiane in modo da non subire una variazione del ritmo biologico e svolgere regolarmente attività fisica per facilitare il rilascio di endorfine, gli ormoni del benessere. 

In base alla causa della cefalea ed ai sintomi correlati, può risultare utile l’assunzione di integratori a base di: 

MELATONINA per contrastare i disturbi del sonno, facilitando l’addormentamento in modo naturale e fisiologico. 

MAGNESIO per sfruttare sia il suo potere rilassante sulle fibre muscolari, che quella di cofattore enzimatico in processi che concorrono al benessere neuronale. 

VITAMINE DEL GRUPPO B fondamentali per contrastare la spossatezza grazie alla loro funzione energizzante. Le vitamine del gruppo B, infatti, concorrono alla produzione di energia a partire da carboidrati, grassi e proteine. Hanno un ruolo importante anche nello sviluppo delle attività cerebrali andando anche a regolare la vasodilatazione. 

ANTISTAMINICO per contrastare l’infiammazione di natura allergica 

Anche la dieta svolge un ruolo importante per cui può risultare efficace evitare cibi ricchi di glutammato, cioccolato, formaggi, frutta secca, pomodori, vino e cibi ricchi di conservanti in quanto riducono la soglia di eccitabilità dei neuroni e aumentano il rilascio di istamina complicando i sintomi legati a stanchezza ed allergia. 

 

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È mai capitato a te o al tuo bambino di soffrire di disturbi del cavo orale dopo una terapia antibiotica o di un periodo debilitante? 

 In tal caso potrebbe trattarsi di un’infezione chiamata comunemente Mughetto della bocca o candidosi orale.

Cos’è la candidosi orale?

Il mughetto è una forma di candida che colpisce la lingua e il palato molle determinando delle placche biancastre a volte dolorose e crostose e può estendersi alle labbra provocando ragadi e piccole fissurazioni chiamate perlèche.

Quando parliamo di candidosi orale ci riferiamo a un’infezione da Candida, che comprende un gruppo di circa 150 specie di lieviti ma la più comune forma di infezione è rappresentata da C. albicans. 

Qual è la causa? 

Normalmente non provoca disturbi e risiede come saprofita sulla cute e sulle mucose: solamente quando le difese immunitarie dell’ospite calano, questo microrganismo può proliferare all’interno del cavo orale.

Molto comune nei neonati e lattanti, può colpire anche gli adulti quando calano le difese immunitarie o vengono utilizzati per tempi prolungati alcuni farmaci come il cortisone o gli antibiotici che possono provocare la comparsa del mughetto.

Questi tendono a ridurre la flora batterica che normalmente impedisce un’eccessiva moltiplicazione della Candida.

Anche alcune condizioni ne promuovono lo sviluppo incontrollato, come umidità e calore, stress o malattie croniche come asma e diabete mellito. 

Come si può manifestare? 

La candidosi orale può manifestarsi attraverso numerosi sintomi, ma il più comune è la comparsa di una patina bianca sulla lingua e sulle mucose della bocca.

Il mughetto  è caratterizzato dalla comparsa di placche biancastre, lattescenti, puntiformi, a forma di lenticchia o che si fondono tra loro.

Le sedi comunemente colpite sono il dorso della lingua e meno spesso il palato. 

Nei casi più gravi, dalla bocca può estendersi all’esofago e all’intestino con sintomi tipici della gastrite. 

Il mughetto può dare un intenso bruciore, e, di conseguenza, difficoltà ad alimentarsi e a percepire i sapori.

Quando l’infezione è estesa anche alla gola e all’esofago, il paziente lamenta difficoltà di deglutizione. 

Come si cura la Candidosi orale?

Il trattamento del mughetto dipende ovviamente dall’entità dell’infezione e delle sue manifestazioni: se tempestivo, è efficace e risolutivo, con un miglioramento dei sintomi in breve tempo.  

Nelle forme più lievi possono essere impiegati appositi collutori o risciacqui con soluzioni alcaline. 

Se il mughetto interessa un bambino allattato al seno, le applicazioni debbono essere estese anche al capezzolo e all’areola della madre; in simili situazioni è altrettanto importante sterilizzare tettarelle e ciucci prima dell’uso. 

Per curare la candidosi orale si ricorre, quando necessario, a farmaci antimicotici, vale a dire in grado di contrastare la moltiplicazione dei funghi.

Il farmaco d’elezione per il mughetto è il miconazolo in forma di gel orale per i neonati; può rivelarsi utile effettuare anche lavaggi di acqua e bicarbonato con garze sterili. 

Nei casi più gravi o di infezioni resistenti è possibile ricorrere alla somministrazione di farmaci antimicotici in sciroppo.  

È tempo di primavera e non possiamo non parlare di due dei prodotti più utilizzati in caso di allergie oculari.  

Iridina Antistaminico cos’è e quando è indicato? 

Iridina® Antistaminico è un collirio decongestionante della mucosa oculare ed antiallergico. 

È un medicinale indicato per gli stati allergici ed infiammatori della congiuntiva accompagnati da ipersensibilità alla luce (fotofobia), lacrimazione, sensazione di corpi estranei, a base di tonzilamina cloridrato e nafazolina nitrato. 

La tonzilamina cloridrato è un farmaco ad attività antistaminica, ma anche con una evidente attività anticolinergica, utilizzato per il controllo del prurito, in particolare in preparazioni topiche oculari. 

La nafazolina nitrato è un principio attivo ad azione vasocostrittrice impiegato in terapia come decongestionante delle mucose nasale e oculare.

Come utilizzare il collirio Iridina Antistaminico? 

La dose raccomandata è 1-2 gocce, fino a 2-3 volte al giorno, secondo necessità. 

Non superare le dosi giornaliere indicate senza il consiglio del medico. 

Durante la gravidanza e l’allattamento si usi Iridina Antistaminico® solo in caso di effettiva necessità e solo dopo aver consultato il medico. Non utilizzare nei bambini con età inferiore ai 12 anni.

 Come applicare il collirio Iridina Antistaminico? 

Come svitata la capsula il flaconcino è pronto per l’uso. Portarlo capovolto sopra l’occhio: premerlo con il pollice e l’indice. Si avrà la fuoriuscita delle gocce. Dopo l’uso riavvitare la capsula. 

Il periodo di validità dopo prima apertura del flacone è di 28 giorni 

Fexactiv collirio cos’è e quando è indicato? 

Fexactiv Collirio è un farmaco di automedicazione indicato negli adulti e nei bambini a partire dai 12 anni per il trattamento dei sintomi delle allergie e delle infiammazioni della membrana dell’occhio (congiuntiva), accompagnate da ipersensibilità alla luce (fotofobia), lacrimazione, sensazione di corpo estraneo, dolore. 

In particolare, può essere usato al bisogno per il trattamento della congiuntivite allergica, sia in caso di allergia stagionale, tipicamente dovuta ai pollini, sia in caso di allergie non primaverili causate da allergeni presenti tutto l’anno, come ad esempio acari della polvere, muffe, peli di animali. 

In particolare, contiene i principi attivi feniramina maleato e tetrizolina cloridrato.  

Feniramina maleato appartiene ad un gruppo di medicinali chiamati “antistaminici” e agisce contrastando i sintomi dell’allergia. Tetrizolina cloridrato appartiene ad un gruppo di medicinali chiamati “decongestionanti” e agisce riducendo la dilatazione dei vasi del sangue. 

Come utilizzare il Fexactiv collirio? 

La dose raccomandata è 1-2 gocce, fino a 2-3 volte al giorno, secondo necessità 

Non utilizzare per più di 4 giorni consecutivi, salvo diversa prescrizione medica, stante la possibilità che possano verificarsi in caso contrario effetti indesiderati.
Se i sintomi persistono o si aggravano consulti il medico. 

Come applicare il collirio Iridina Antistaminico?  

Per aprire, premere la capsula di chiusura e contemporaneamente svitare. Versare le gocce nell’occhio interessato. Dopo l’uso richiudere avvitando a fondo.  

 Quali sono le similitudini e differenze? 

Avendo analizzato in dettaglio le due composizioni possiamo chiaramente mettere in luce la presenza di differenti principi attivi ma similari nel meccanismo d’azione e classe terapeutica particolarmente utili in caso di stati allergici ed infiammatori della congiuntiva accompagnati da ipersensibilità alla luce (fotofobia), lacrimazione, sensazione di corpi estranei. 

 

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La Rinite Allergica è un’infiammazione periodica o cronica, a carico del naso, dovuta ad una reazione allergica.

Questa reazione si scatena quando una sostanza dell’ambiente esterno, normalmente innocua, viene a contatto con la mucosa nasale di un bambino che si è sensibilizzato nei confronti di quella sostanza.  

A seconda della durata distinguiamo: 

  • una rinite perenne se dura tutto l’anno; 
  • una rinite intermittente se compare solo in alcuni periodi dell’anno, come per esempio in primavera nei bambini allergici alle graminacee. 

Per essere sicuri che si tratti di rinite allergica devono essere escluse: 

Le forme di rinite infettive (virali e batteriche), facilmente riconoscibili per la presenza di secrezione densa gialla o verdastra che tende a scolare posteriormente nella faringe; 

Le riniti vasomotorie scatenate da sbalzi di temperatura (freddo, caldo, umidità) o da sostanze chimiche (farmaci). 

Come riconoscere la Rinite Allergica?

La mucosa nasale si gonfia e si ha una continua secrezione nasale liquida.

Il gonfiore e la secrezione concorrono ad ostruire il passaggio dell’aria per cui si ha sensazione di naso chiuso.

Frequenti starnuti e prurito nasale completano il quadro dei sintomi.

La secrezione nasale può, in seguito, scendere verso la gola e provocare tosse e prurito alla gola.

In alcuni bambini si può avere anche lacrimazione e prurito agli occhi. 

Il bambino spesso dorme con la bocca aperta perché il naso è talmente ostruito dall’ingrossamento dei turbinati (piccole protuberanze situate all’interno delle narici) e dalla secrezione di muco che impedisce l’ingresso dell’aria. 

Quali sono le cause della Rinite Allergica?

I pollini (di graminacee, parietaria, composite, etc.) sono i principali allergeni, tanto che questo tipo di raffreddore viene anche chiamato “febbre da fieno” ed è tipicamente intermittente-stagionale, cioè primaverile. 

Le spore di alcuni funghi, come l’alternaria, provocano anch’esse una rinite stagionale (luglio-agosto). 

Il pelo di animali domestici, come il gatto, può provocare sintomi nasali quando il bambino lo avvicina. 

Gli acari della polvere di casa (Dermatophagoides pteronissinus e farinae) possono indurre raffreddore durante tutto l’arco dell’anno, ma soprattutto in primavera-autunno quando si riproducono. 

Come prevenire la Rinite Allergica?

È fondamentale evitare o ridurre al minimo il contatto con gli allergeni, tentando la bonifica dell’ambiente in cui il bambino vive, in particolare della stanza da letto. 

Alcune precauzioni come il coprimaterasso e il copricuscino anti-acaro lavabili a caldo, oltre 55°C, riducono la carica antigenica.

È inoltre necessario, per il benessere del bambino, ridurre al minimo essenziale libri, pelouche, tappeti e moquette, ovvero i posti in cui la polvere si accumula con facilità. 

L’allergia ai pollini è più difficile da gestire. Una corretta detersione nasale anche quotidiana, per mezzo di lavaggi nasali a base di soluzione salina isotonica, è indicata per ridurre il contatto con l’allergene per quanto possibile. 

Come curare la Rinite Allergica?

La diagnosi precoce di allergia IgE mediata è alla base della miglior gestione del trattamento della rinite allergica nei bambini e, in particolare, per la prevenzione del suo decorso verso l’asma. 

Infatti c’è una tendenza alla progressione in asma della rinite allergica nei bambini o alla coesistenza delle due problematiche. 

I cardini della terapia della rinite allergica sono gli antistaminici per bocca e i corticosteroidi topici nasali, sempre su indicazione dello specialista allergologo pediatra. 

Nelle riniti da pollinosi la prevenzione ambientale è pressoché impraticabile per cui può essere necessario ricorrere alla immunoterapia desensibilizzante (i cosiddetti “vaccini antiallergici”) che consiste nella inoculazione sottocutanea o nella somministrazione sotto la lingua di dosi crescenti dell’estratto allergenico del polline a cui il bambino è allergico.  

 

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Il disturbo d’ansia generalizzata (GAD) è un disturbo psichiatrico inserito, nel DSM-5, all’interno del capitolo dei disturbi d’ansia ed è caratterizzato dalla presenza di sintomi ansiosi (sia psichici che fisici) che non sono legati ad una causa specifica ma sono appunto “generalizzati”.

Lo stato d’ansia è cronico anche se è alternato da momenti di aumento dell’intensità, detti attacchi d’ansia 

Eventi casuali e difficoltà della vita quotidiana possono diventare fonte di estrema preoccupazione per il paziente, che tende a vivere in uno stato di allerta cronica, tanto da arrivare ad interferire con la sfera relazionale e lavorativa.

Nel commentare le sue difficoltà, il paziente è di solito assai preciso e appropriato nel riconoscere la discrepanza tra dimensione reale delle difficoltà da affrontare e quota d’ansia che queste evocano e sente di temere per qualcosa ma senza essere capace di esprimere specificatamente di che paura si tratti. 

Quali sono i sintomi dell’ansia?

I sintomi caratteristici sono quelli degli stati d’allarme, contraddistinti da una condizione psichica di generale attesa apprensiva, e da numerosi segni e sintomi fisici di attivazione vegetativa (hyperarousal).

Si può presentare emicrania, palpitazioni, vertigini e insonnia, difficoltà a concentrarsi, tensione muscolare, irrequietezza, disturbi del sonno.

Oltre a questi sintomi, prettamente “fisici” se ne accompagnano di cognitivi quali ad esempio: sensazione di testa vuota, derealizzazione e depersonalizzazione. 

In presenza di disturbi (sintomi), è importante rivolgersi al medico di medicina generale e valutare l’opportunità di una visita specialistica. 

Il DAG interessa in misura maggiore le donne rispetto agli uomini nella fascia di età tra i 35 e i 59 anni di età.

Nella popolazione Italiana la prevalenza del DAG è l’1,9%, se stimata nell’intero corso della vita (fonte: progetto ESEMeD, Prevalenza dei Disturbi Mentali in Italia, 2003). 

Sebbene non sia del tutto nota la causa del DAG, la ricerca scientifica suggerisce che entrino in gioco molteplici fattori, che comprendono: 

  • super-attività di alcune aree del cervello, coinvolte nelle emozioni e nel comportamento 
  • sbilanciamento ormonale della serotonina e della noradrenalina, due ormoni prodotti dal cervello, la cui funzione è di controllare e regolare lo stato d’animo della persona 
  • geni ereditati dai genitori, si stima che la probabilità di avere un DAG sia di 5 volte superiore nel caso si abbia un parente stretto con questo disturbo 
  • storia personale con esperienze stressanti o traumatiche, per esempio essere stati vittima di violenza domestica o di abuso infantile o di bullismo 
  • malattia cronica, accompagnata da dolore fisico come, per esempio, l’artrite 
  • abuso di droga o di alcol 

Il disturbo – tendenzialmente cronico e di lunga durata – può facilmente essere accompagnato da depressione e portare ad un abuso di alcol, caffeina, stimolanti ed altre sostanze. 

Per la diagnosi sono inoltre necessari almeno tre dei seguenti sintomi: 

  • Irrequietezza o sentirsi “con i nervi a fior di pelle”
  • Irritabilità 
  • Difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria 
  • Tensione muscolare 
  • Sonno irrequieto, insoddisfacente o difficoltà ad addormentarsi.
     

Come curare i disturbi d’ansia?

Sia la psicoterapia cognitiva che la terapia per la gestione dell’ansia sono risultate efficaci per la cura del disturbo d’ansia generalizzato.

La terapia per la gestione dell’ansia è una terapia strutturata che prevede psico-educazione, training di rilassamento ed esposizione, ma non include la ristrutturazione cognitiva; la terapia cognitivo comportamentale aggiunge invece questo elemento in più.

Terapia farmacologica 

La terapia psicofarmacologica è in genere prescritta da un medico psichiatra e prevede l’utilizzo di diverse tipologie di farmaci, come per esempio gli ansiolitici o antidepressivi chiamati Inibitori del Re-uptake Selettivo della Serotonina (IRSS). 

Altri farmaci utilizzati per gestire farmacologicamente l’ansia sono le benzodiazepine, sono tra gli psicofarmaci più largamente utilizzati (e abusati) e possono generare una vera e propria dipendenza da benzodiazepine. 

Per questi motivi la terapia farmacologica deve essere costantemente monitorata da un medico che ne calibri le dosi e ne definisca i dosaggi.  

Tra i trattamenti farmacologici più diffusi per il disturbo d’ansia generalizzato si trovano sicuramente quelli a base di ansiolitici.

Le benzodiazepine costituiscono, infatti, i farmaci di più largo impiego; tuttavia, il buspirone è sicuramente un composto più recente e di pari efficacia.

Tra gli antidepressivi con buona azione ansiolitica vengono utilizzati anche la Sertralina e la Paroxetina. 

Altri accorgimenti utili per ridurre il livello di ansia sono: 

  • frequentare un gruppo di auto-aiuto 
  • svolgere una attività sportiva regolare 
  • smettere di fumare 
  • ridurre la quantità abituale di alcol o di caffeina 

Le cure sono efficaci per favorire il controllo dell’ansia.

In alcuni casi può essere necessario effettuarle per lungo tempo e durante tale periodo potrebbero anche verificarsi episodi di peggioramento del disturbo. 

 

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La congestione nasale è causata dalla dilatazione dei vasi sanguigni della mucosa nasale, con conseguente edema ed eccessiva produzione di muco.

Al gonfiarsi della mucosa nasale, il passaggio dell’aria si restringe e la respirazione diventa piú difficile, dandoci quella fastidiosa sensazione di naso chiuso che ben conosciamo! 

La congestione può essere legata a vari fattori come raffreddore, allergia o anche sinusite.

A prescindere dalla causa, virale o allergica, l’organismo induce il rilascio di istamina, una sostanza chimica che fa aumentare il flusso sanguigno diretto al naso e ne fa gonfiare i tessuti.

Le membrane nasali quindi si infiammano e si congestionano, producendo una quantità eccessiva di muco che ostruisce le vie aeree nasali e impedisce un’agevole respirazione.  

Quali sono i sintomi di una congestione nasale da influenza e da allergia?

Il raffreddore virale è segnalato dai sintomi “classici” quali il naso chiuso, l’abbondante secrezione, gli starnuti, magari qualche prurito o un pochino di febbre, e a volte una sensazione di debolezza che, seppur lieve, assomiglia vagamente a una vera influenza.  

Il “raffreddore allergico” è un’altra cosa.

Ha un esordio ben più repentino di quello “stagionale”, ma con una congestione (e secrezione) nasale inferiore, e non accompagnata da febbre o altri sintomi influenzali (come il dolore osteo-articolare).

Piuttosto, compaiono altri disturbi, quali la secchezza della gola, lacrimazioni e arrossamenti oculari, oltre che una durata generalmente superiore, associata alla fioritura delle piante di cui si è allergici.  

La congestione nasale può essere alleviata da antistaminici e da decongestionanti: è il caso dello Zirtec e dell’Actifed, vediamo insieme le differenze.

ZIRTEC: quando usarlo?

E’ un farmaco a base di Cetirizina Dicloridrato 10 mg, appartenente alla categoria degli Antiallergici antistaminici di seconda generazione.

È indicato per il trattamento dei sintomi nasali e oculari della rinite allergica stagionale e perenne e anche in caso orticaria o dermatiti caratterizzate da fenomenologia istamino-mediata (prurito, eritemi, ponfi).

E’ un antistaminico utilizzabile anche nei pazienti pediatrici tra i 6 e i 12 anni.  

È disponibile nel formato 7 o 20 compresse rivestite, da assumere 1 volta al giorno, indipendentemente dai pasti.

È un farmaco che non necessita di prescrizione medica. 

ACTIFED: quando usarlo?

La combinazione dei suoi principi attivi, la triprolidina cloridrato e la pseudoefedrina cloridrato, favorisce la decongestione nasale. 

La Triprolidina (2,5 mg) è un antistaminico che allevia il naso che cola, gli starnuti e la lacrimazione. 

La Pseudoefedrina cloridrato (60 mg) è un agente simpaticomimetico che, quando somministrato per via sistemica, agisce come decongestionante nasale. 

Actifed Compresse è un farmaco di automedicazione, senza obbligo di ricetta, disponibile in confezione da 12 compresse. 

Qual è la posologia?

Adulti e ragazzi al di sopra dei 12 anni, una compressa 2-3 volte al giorno. 

Quali sono le differenze tra Zirtec e Actifed? 

I rimedi per la congestione nasale dipendono in gran parte dalla causa sottostante.

In caso di rinite causata da un’infezione virale (raffreddore), il trattamento può non essere necessario perché l’infezione responsabile tende a risolversi spontaneamente dopo circa 7-10 giorni.

In caso di sintomi importanti può essere utilizzato un decongestionante nasale per via orale come l’Actifed.  

I decongestionanti possono essere utili in “occasioni più puntuali”, ad esempio nei momenti di congestione nasale intensa.

Ma attenzione il decongestionante non va usato con leggerezza, evitando di prolungare il trattamento per più di 3-5 giorni.  

Quando si tratta di rinite allergica, per le forme meno aggressive, il trattamento di prima scelta prevede l’uso degli antistaminici, per via orale, come nel caso dello Zirtec.

In ogni caso, per ottenere la massima efficacia terapeutica, è bene proseguire il trattamento per tutta la durata dell’esposizione all’allergene, seguendo in modo preciso le indicazioni del medico.

Anche da un punto di vista di sicurezza, questa classe di farmaci è sicura sia per utilizzi brevi, sia per utilizzi per lunghi periodi. 

 

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Diete povere di fibre, scarso esercizio fisico e stile di vita scorretto sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono allo sviluppo delle emorroidi. 

In uno stadio precoce, la cura locale delle emorroidi è di massima importanza: si possono ad esempio trarre benefici dall’igiene anale, da bagni freddi, dalla regolarizzazione delle funzioni intestinali e dall’applicazione di una pomata specifica. 

Ma quale pomata scegliere: naturale, cortisonica e/o anestetica?  

Principalmente si utilizzano pomate a base di cortisonici che alleviano l’infiammazione ed il prurito, da soli o in associazione ad anestetici locali (ad esempio, tetracaina e lidocaina), che hanno l’effetto di ridurre il dolore: tra le più conosciute abbiamo il Proctolyn  e Proctosedyl.  

Proctolyn: cosa è?

Proctoyln è un medicinale che agisce localmente e riduce l’infiammazione, l’arrossamento, il prurito, il bruciore anale e indirettamente il dolore. 

Quali sono i suoi principi attivi? 

  • Fluocinolone acetonide, corticosteroide, svolge un’intensa azione antinfiammatoria e contrasta prurito, bruciore e dolore anale.
  • Chetocaina cloridrato svolge un’azione anestetica locale. 

Quando è indicato?

Proctolyn è indicato per trattare il disagio delle emorroidi interne ed esterne, eczemi ed eritemi anali e perianali, ragadi anali, prurito e bruciore anale e perianale e nel trattamento pre- e post-operatorio in chirurgia ano-rettale. 

È disponibile in due formulazioni: 

Crema rettale: disponibile in un tubo da 30g. 

Supposte: disponibile in una confezione da 10 supposte. 

Proctosedyl: cosa è?

Proctosedyl è un antiemorroidale per uso locale, a base di corticosteroidi. 

Quando è indicato?

Proctosedyl si usa per trattare i sintomi delle emorroidi interne o esterne, specie nelle fasi infiammatorie con prurito anale. 

Quali sono i principi attivi?

  • Idrocortisone acetato
  • Benzocaina svolge un’azione anestetica locale
  •  Esculina, glucoside dalle proprietà antinfiammatorie che si estrae dall’Ippocastano.
  • Benzalconio cloruro svolge un’azione antisettica e disinfettante. 

Cosa si intende per preparazione H? 

Preparazione H è un medicinale antiemorroidale a base di estratti di cellule di Saccharomyces Cerevisiae.  

Quando è indicato?

Preparazione H si usa per il trattamento di emorroidi esterne ed interne non complicate e ragadi anali.

Composizione: Lievito di Birra, vaselina bianca, lanolina anidra, olio di fegato di pescecane, olio minerale di timo rosso, cera di lana e glicerolo. 

L’estratto cellulare di questo farmaco contiene varie sostanze, tra cui proteine, aminoacidi e carboidrati come il beta glucano.

È un prodotto naturale, privo di effetti collaterali dal momento che non contiene cortisone.

Applicato a livello di emorroidi sia esterne che interne, favorisce quindi la cicatrizzazione delle ulcere, attenuando in maniera evidente la sintomatologia dolorosa.

Il Saccharomyces cerevisiae, aumenta anche la velocità di consumo di ossigeno a livello tissutale, accelerando la risoluzione del problema in maniera considerevole. 

Inoltre la presenza di particolari eccipienti, come vaselina bianca, lanolina anidra, olio di fegato di pescecane, olio minerale di timo rosso, cera di lana e glicerolo, contribuisce a rendere particolarmente emolliente, denso e lubrificante questo unguento. 

Rimedi naturali contro le emorroidi 

Le sostanze più indicate, da applicare localmente sotto forma di pomata sono:  

  • l’iperico, ricco di tannini e antrachinoni, che garantiscono proprietà disinfettanti, cicatrizzanti e astringenti 
  • l’aloe vera, in virtù della sua azione lenitiva, antinfiammatoria, astringente e riepitelizzante 
  • l’olio di jojoba, grazie alle sue capacità emollienti e antiossidanti (esplicate dall’elevato quantitativo di vitamina E) 
  • l’amamelide, in virtù delle sue spiccate proprietà cicatrizzanti, antiflogistiche (agisce sull’infiammazione) e astringenti (aiuta la vasocostrizione) 

FitoPROCT: cosa è e a cosa serve?

E’ una crema coadiuvante nel trattamento degli stati emorroidali a base di polifenoli ottenuti da una selezione di foglie di Olivo e polisaccaridi ad alto peso molecolare dell’Aloe Vera e tannini dal Castagno, arricchito con olio di Ipericoacido ialuronico di origine vegetale che calmano l’irritazione proteggendo la mucosa. 

Quali sono le differenze tra una crema naturale ad una cortisonica? 

Partiamo col dire che i sintomi comunemente attribuiti alle “emorroidi” sono il sanguinamento, il dolore, il prurito, il gocciolamento di feci, il prolasso e la perdita di muco dall’ano.  

In particolare i sintomi tipici delle “emorroidi interne” sono il sanguinamento senza dolore e la protrusione intermittente. Pertanto la loro cura non necessita di antiinfiammatori come i prodotti a base di cortisone, di sostanze antiprurito, di antidolorifici come la lidocaina.

Infatti questi medicamenti sono principalmente diretti a risolvere il prurito anale, condizione che normalmente può verificarsi in seguito ad emorroidi prolassate, appunto “esterne”, che umidificano e macerano la cute anale. 

Ma attenzione al cortisone… non solo rallenta la cicatrizzazione dei tessuti ed è quindi da evitare in caso di emorroidi sanguinanti ma è da utilizzare solo per periodi brevi in quanto può provocare ipersensibilizzazione locale con la comparsa di dermatiti che si manifestano con bruciore, prurito e dolore. 

Preparati topici per le emorroidi a base di sostanze naturali dall’azione flebotonica, vasoprotettiva, antinfiammatoria, antisettica e cicatrizzante si rivelano particolarmente utili nel trattare i sintomi delle emorroidi.

Per ottenere benefici ne occorrono però generose applicazioni almeno due/tre volte al giorno.

Inoltre può essere utile, soprattutto nelle fasi acute, combinare il trattamento topico con la somministrazione orale di farmaci flebo-protettori! 

 

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Farmaco famosissimo e storico è il Lasonil® gel antidolore, ancora oggi in commercio: spesso però, erroneamente quando si fa riferimento al Lasonil si pensa al vecchio rimedio per contusioni ed ematomi.  

In realtà tutto iniziò nel 1980, con uno spot che ha fatto la storia, che riprendeva il camion della lasonil che si aggirava per la città e come sottofondo una canzoncina iconica. 

Effettivamente il “vecchio” Lasonil era un unguento a base di eparinoide e jaluronidasi, un rimedio che non poteva mancare nelle case di tutti, per curare ematomi, contusioni e traumi di lieve entità.  

Circa trenta anni dopo, nel 2008, venne cambiata la formulazione del Lasonil e di conseguenza anche il suo nome venne modificato con “Lasonil CM®”, appunto Composizione Modificata: non si trattava più di un unguento a base di eparina ma bensì a base di Ketoprofene 2,5%, un antinfiammatorio per il dolore. 

Arriviamo ad oggi, con un’ulteriore modifica sia del nome che della formulazione: Lasonil Antidolore, un gel a base di ibuprofene sale di lisina 10 %. 

Cos’è Lasonil antidolore?

È un gel antinfiammatorio analgesico per uso topico a base di ibuprofene sale di lisina, appartenente ad un gruppo di farmaci chiamati farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), che agiscono per alleviare il dolore e ridurre i sintomi connessi all’infiammazione. 

Qual è la sua indicazione?

Il lasonil antidolore è indicato nel trattamento locale di contusioni, distorsioni, mialgie, strappi muscolari, torcicollo, tendiniti, mal di schiena, lombalgia. 

Come applicare Lasonil antidolore?

Applicare il gel sulla parte dolorante e massaggiare delicatamente. Ripetere l’applicazione dalle 2 alle 4 volte al giorno. 

L’uso del medicinale è riservato ai soli pazienti di età superiore a 14 anni. Inoltre, è controindicato in gravidanza e in allattamento in quanto può provocare effetti negativi sulla gravidanza e/o sullo sviluppo embrio/fetale. 

Nonostante, quindi, il Lasonil sia mutato nel tempo (Lasonil®- Lasoni CM® e Lasonil antidolore ®) diventando un farmaco completamente diverso CHIMICAMENTE, è rimasto nell’immaginario collettivo dei pazienti italiani come “IL” farmaco per le botte ed ematomi a base di eparina. 

Quando utilizzare Lasonil antidolore?

Sicuramente è cambiata la formulazione nel tempo ma non l’utilizzo.

Il Lasonil antidolore è utilizzato per ematomi e contusioni così come veniva utilizzato il vecchio Lasonil a base di Eparina.

In effetti, specie per ematomi estesi o molto profondi, l’utilizzo di farmaci a base di eparina sono utili per favorire la circolazione del sangue ed evitare la formazione di coaguli, ma per aiutare il corpo a combattere l’infiammazione e riparare i tessuti danneggiati, si ricorre all’uso dei FANS (come l’ibuprofene) che oltre a ridurre l’infiammazione, hanno anche un effetto analgesico.  

 

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