Succo di pompelmo e farmaci: quali interazioni?

Le formulazioni per bocca come compresse, capsule, confetti richiedono l’assunzione con un po’ di acqua per facilitare la deglutizione. Spesso, però, ci viene chiesto se è possibile assumere altre bevande ma attenzione alle interazioni!

Non tutte le bevande infatti sono innocue, deglutire ad esempio i farmaci insieme a un bicchiere di succo di pompelmo può essere controproducente, andando ad alterarne l’effetto.

Quali farmaci interagiscono con il pompelmo?

Il succo di pompelmo, infatti, contiene delle sostanze che modificano l’azione di enzimi che a loro volta si occupano della biotrasformazione dei farmaci nel nostro organismo.

Esiste un vero e proprio elenco di farmaci da non assumere in concomitanza con il pompelmo e tale lista è in continua crescita. Tra questi ritroviamo:

Gli antiaritmici, antibiotici (come la claritromicina), antistaminici, ansiolitici (diazepam, midazolam, ecc che aumentano l’azione del farmaco), calcioantagonisti (come amlodipina, felodipina, nifedipina), corticosteroidi, statine, antivirali anti-HIV, immunosoppressori, neurologici, chemioterapici, anticoagulanti, ecc.

Spesso durante l’assunzione di farmaci non ci si pone particolare attenzione agli alimenti ed eventuali terapie naturali che vengono effettuate in concomitanza.

Infatti, chi assume terapie naturali è spesso inconsapevole della possibile interazione di queste sostanze con i medicinali assunti.

Esistono numerose piante che possono modificare l’azione dei farmaci. Ecco alcuni esempi:

      • la capacità dell’iperico di indurre l’attività del citocromo P-450 3A4, un enzima importantissimo nella metabolizzazione di numerosi farmaci; sono stati segnalati casi di rigetto da trapianto dovuti all’associazione iperico-ciclosporina o di gravidanze indesiderate provocate dalla combinazione dell’erba con un contraccettivo orale.

L’iperico può anche interagire con alcuni antidepressivi, determinando un effetto additivo che può provocare la comparsa di eventi avversi associati ad un sovradosaggio del farmaco; in letteratura sono descritti diversi casi clinici di questo tipo in cui l’iperico, utilizzato assieme a paroxetina, nefazodone e sertralina, ha provocato nausea, vomito, sudorazione profusa, mioclono, iperreflessia, incoordinazione, ed altri sintomi riconducibili alla “sindrome serotoninergica”, una patologia potenzialmente fatale.

      • Un altro esempio di interazione tra erbe e farmaci è quello del ginkgo biloba, che avendo la capacità di interferire con la funzionalità piastrinica, può causare un effetto additivo con gli anticoagulanti come la warfarina e con i farmaci antiaggreganti piastrinici quali l’aspirina; tali associazioni possono provocare emorragie anche gravi, e vanno pertanto sempre evitate.
      • Anche la liquirizia può determinare importanti interazioni, con effetti che potrebbero essere particolarmente gravi in soggetti che assumono digossina, a causa della capacità della pianta di ridurre i livelli di potassio nel sangue ed in tal modo potenziare la tossicità della digossina, che si manifesta con nausea, alterazioni visive e gravi aritmie cardiache.
      • Più subdoli e certamente meno studiati sono ad esempio i rischi di interazioni tra gli anestetici (ed altri farmaci utilizzati negli interventi chirurgici) e le erbe assunte nel periodo preoperatorio. In particolare, il ginseng, il ginkgo biloba e l’aglio potrebbero aumentare il rischio di emorragie durante l’intervento, mentre la valeriana o altri rimedi erboristici ad azione sedativa potrebbero potenziare l’effetto sedativo degli anestetici.

E l’alcool?

Attenzione, l’alcool potenzia l’effetto sedativo di ipnotici, sonniferi ed antistaminici e contribuisce all’insorgenza di effetti collaterali sul fegato.

A fronte degli esempi sopra riportati di interazioni erbe/alimenti-farmaci ormai ben documentate, nella maggior parte dei casi le conseguenze cliniche di queste associazioni sono quasi del tutto sconosciute, ed è d’altra parte praticamente impossibile, anche per un medico esperto, riconoscere tutte le combinazioni pericolose.

D’altra parte, poiché la maggior parte delle interazioni oggi note tra erbe e farmaci sono frutto di singole e sporadiche segnalazioni da parte di operatori sanitari, è difficile stabilire con certezza una associazione causale.

Pertanto, per accrescere le conoscenze su questi prodotti, è necessario il contributo sia degli operatori sanitari sia dei cittadini, i quali devono tempestivamente dichiarare al proprio medico o farmacista qualsiasi evento avverso manifestatosi in corso di trattamento con un rimedio erboristico.

Solo così, infatti, sarà possibile identificare precocemente ed inequivocabilmente una associazione causale tra assunzione del prodotto erboristico ed insorgenza della reazione avversa, salvaguardando la salute dei consumatori.

 

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